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Stoccafisso alla Nasò: la ricetta fermana dello stocco con patate

Stoccafisso alla Nasò: la ricetta fermana dello stocco con patate

Un luogo, la Fermanella (ancora oggi esistente lungo le Mura di via Crollalanza) e un nome: Peppe (Giuseppe) Spagnoli, per tutti Nasò. Ecco come inizia la storia dello stoccafisso alla fermana.

Lo stoccafisso alla Nasò è una delle ricette tipiche del territorio di Fermo; era cotto nella maniera tradizionale, con le patate, su un letto di canne per consentire un cucina lenta, che evitava il rischio di farlo bruciare. E porta con sé non solamente metodi e tecniche specifiche, ma anche usanze radicate nella comunità e trasmesse socialmente come un valore tra le generazioni.

Ma cos’è lo staccafisso? Come è arrivato a Fermo e cosa prevede la sua ricetta tradizionale?

Accendi i fornelli e prepara il palato: sta per iniziare il tuo viaggio nel mondo dello stocco con patate!

Che differenza c’è tra baccalà e stoccafisso?

Sappiamo che te lo se chiesto…

Quindi prima di immergerci nella preparazione dello stoccafisso con le patate alla fermana, facciamo un po’ di chiarezza: baccalà e stoccafisso non sono la stessa cosa.

O meglio, la materia prima è sempre la stessa, il merluzzo nordico bianco (gadus morhua), ma il metodo di conservazione è totalmente diverso: il baccalà infatti è conservato sotto sale, mentre lo stoccafisso è essiccato.

Lo stoccafisso quindi è un prodotto naturale al 100%: questo pesce vive libero nel suo ambiente naturale e subisce le trasformazioni senza uso di tecnologia (a parte la refrigerazione) e di coadiuvanti chimici. Il pesce viene essiccato all’aperto, grazie all’azione del sole e del vento, su apposite rastrelliere.

Come cucinare lo stoccafisso con patate alla fermana: ecco la ricetta

Ricetta Fermana dello storico ristorante “Da Nasò”, Chef  Guido Gennaro

 

INGREDIENTI (per 4 persone)
1 kg di stoccafisso
1 kg di patate rosse di Colfiorito
100 grammi di alici sottosale (rosse di Spagna)
50 grammi di capperi sott’aceto
¼ di litro di olio
¼ di litro di latte intero
¼ di litro di vino bianco
70 o 80 grammi di olive verdi snocciolate
1 o 2 carote
1 o 2 coste di sedano
50 grammi di burro
2 o 3 pomodori pelati
Sale, pepe e peperoncino q.b.

Canne secche che devono essere spaccate per una pentola di diametro abbastanza ampio, in modo che occupino tutta la base

 

PREPARAZIONE

Tagliare le patate a spicchi grandi e lo stoccafisso in porzioni.

Lavare le alici, il sedano e le carote e tritarle grossolanamente, sgocciolare i capperi.

Unire il tutto: alici, capperi, sedano, carote, olive (se grandi tagliarle a metà), pomodori, sale, pepe, peperoncino e vino.

Sulla base delle canne mettere uno strato di spicchi di patate poi uno strato di stoccafisso già tagliato e mescolato nella salsa. Aggiungere ancora uno strato di spicchi di patate coprendo tutta la base.

Versare l’olio, il latte ed il burro sbriciolato (non mescolare mai).

Far cuocere per circa tre ore a bollore lento con il coperchio sulla pentola, poi togliere il coperchio e continuare la cottura per un’altra ora circa. Controllare che il liquido evapori “quasi” completamente.

Nel preparare i piatti è consigliabile, per evitare che lo stoccafisso si sbricioli, togliere le patate superiori e metterle nei piatti e poi aggiungere la porzione di stoccafisso per regolarsi con le patate sottostanti.

L’Accademia dello Stoccafisso alla Fermana

A difesa della tradizione culinaria pluri-centenaria dello staccafisso, nel 2018 è nata l’Accademia dello Stoccafisso alla Fermana.

L’Associazione vuole tutelare il consumo e la preparazione dello stoccafisso alla fermana, la sua promozione tra la popolazione locale e tra le genti di tutto il mondo, e la diffusione di questa espressione della fermanità e della buona cucina.

Lo stoccafisso: la storia del lungo viaggio dai mari del nord al Mediterraneo

Lo stoccafisso come è diventato un elemento principe della cultura culinaria della zona di Fermo?

Per scoprirlo bisogna fare un salto indietro nel tempo e ricordare i rapporti fiorenti che la città marchigiana intratteneva con Venezia, epicentro culturale e degli scambi dell’intero Mediterraneo.

Già nel XIII secolo, le città di Fermo e Venezia avevano la necessità di regolamentare le proprie relazioni commerciali con contratti accordi formali (come l’anno notarile del 1260) che stabilissero sia protezione reciproca e assenza di dazi al passaggio sul territorio, sia la tipologia di merci trasportate.

Nei secoli successivi si intensificarono gli scambi e le testimonianze di accordi commerciali, così come a numerosi artisti veneziani vennero commissionati palazzi, chiese e opere. Un esempio per tutti, l’opera di Carlo e Vittore Crivelli testimonia l’influenza veneziana nell’area del fermano anche in ambito storico-artistico.

L’arrivo dello stoccafisso nell’area Mediterranea risale infatti al Basso Medioevo, ed è legata alla vicenda del mercante veneziano Piero Quirino che, nel 1431, naufragò nei pressi dell’arcipelago delle isole Lofoten, luogo principe della pesca del merluzzo.

Il nobile mercante descrive con stupore l’usanza di lasciare il pescato a seccare al sole e al vento senza sale, fino a che fosse diventato duro come il legno; un prodotto che le genti del luogo scambiavano con tutto ciò che serviva alla quotidianità, e che perciò era considerato preziosissimo.

È sicuramente grazie a Piero Quirino che lo stoccafisso venne conosciuto a Venezia, allora regina dell’Adriatico e del Mediterraneo, e che il prodotto conquistò l’Europa del Sud viaggiando nelle cambuse delle navi, fino ad essere sempre più apprezzato sulle coste del Mediterraneo e dell’Adriatico, proprio come nella Marca Fermana.

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